In questo articolo vogliamo delineare alcune tra le motivazioni più comuni che spingono un lavoratore a considerare nuove sfide ed approcciarsi alle incognite ed alle opportunità racchiuse in una nuova posizione lavorativa.

 

Le motivazioni che portano ad un cambiamento possono essere le più diverse e disparate, e  talvolta emergono come una necessità imprevista anche per le persone precedentemente appagate e soddisfatte della propria quotidianità sul posto di lavoro. 

 

Soprattutto per i più giovani una delle motivazioni più diffuse per approcciarsi ad un cambio di azienda è il cosiddetto “job hopping”.

Questa è la pratica di saltare da una posizione all’altra senza altra motivazione se non la ricerca di una carriera verticale più rapida e di aumenti economici sequenziali. 

Si è affermata negli ultimi anni come una moda tra le professionalità più ricercate dal mercato ed i professionisti della consulenza e può essere ricondotta alla crescente idea (di provenienza anglosassone) della precarietà dei contratti di lavoro. Non a caso, nei paesi da cui proviene questa cultura è molto diffusa la libera professione. Il job hopping  può sicuramente portare benefici concreti, tuttavia spesso cela una scarsa capacità di costruzione delle relazioni interne e può precludere una maturazione più completa e lineare dei profili professionali all’inizio della propria carriera.

 

Tralasciando questa motivazione più formale che sostanziale, ecco alcuni argomenti che per lo più possono spingere un professionista a cambiare datore di lavoro:

Motivazioni

 

  1. Motivazioni economiche: se a vostro avviso le mansioni che svolgete quotidianamente, che vi portano eventualmente a fare straordinari, non vengono adeguatamente riconosciute a livello economico dal vostro datore di lavoro, una soluzione potrebbe consistere nell’affrontare il tema, cercando di restare obiettivi e di calcolare il vostro peso per l’azienda sulla base del valore aggiunto che apportare. Qualora la risposta non fosse soddisfacente, sarà un ottimo motivo per cercare benchmark all’esterno.
  2. Mancanza di crescita professionale in termini di skill o di livello di carriera carriera: l’insoddisfazione, in questo caso, nasce dallo stallo che si ripercuote in un mancato riconoscimento di livello, ovvero in una ripetitività delle attività e mansioni che non vi consente di avvicinarvi – in termini di competenze – ai vostri obiettivi di carriera. Se da tempo, nonostante abbiate manifestato una decisa volontà di approfondire altre tematiche, siete bloccati sulle stesse mansioni, oppure non riuscite a sviluppare determinate competenze che rientrano tra i vostri desiderata per crescere, è opportuno che prendiate in considerazione di avvicinarvi a opportunità alternative. C’è però un’eccezione di cui vale la pena parlare, ossia il passaggio ad un ruolo manageriale per chi non l’abbia mai ricoperto. Se la vostra azienda non vi consente di affrontare questo passaggio e desiderate farlo, cercate un contesto in cui la possibilità si prospetti ma non immediatamente. Cambiare azienda passando in un ruolo manageriale se non siete mai stati manager potrebbe essere un passo eccessivamente ardito, e nascondere pericoli eccessivi.
  3. Mancanza di stimoli legati all’apprendimento di nuove competenze: se ormai da anni svolgete la medesima attività e non vi è la possibilità di evolvere verso altre direzioni all’interno dell’azienda attuale, non potete mettervi alla prova e crescere, e l’azienda non riesce a fare nulla per migliorare questa situazione, vi trovate sicuramente di fronte ad una motivazione solida e credibile per affrontare un cambiamento. Quando andrete a svolgere i colloqui, sinceratevi di spiegare la vostra motivazione e farete sicuramente un’ottima impressione!
  4. Difficoltà comunicative nell’ambiente di lavoro: potrebbero essere arrivati colleghi poco affabili e collaborativi, oppure un manager con un approccio parziale o che non riconosce il vostro operato. In questo caso, se i vostri tentativi di chiarire la situazione non riscuotono gli esiti sperati, potrebbe effettivamente essere arrivato il momento di cambiare aria e rimettersi in gioco.
  5. Complessità di carattere logistico-geografico: per motivi familiari (ad esempio volersi riavvicinare ai propri genitori anziani o ad un compagno / una compagna che lavora in un’altra città) oppure per un vostro desiderio (ad es. di trasferirvi all’estero per arricchirvi di un’esperienza internazionale), potreste avere la necessità di cambiare città. Qualora il vostro datore di lavoro attuale non sia in grado di garantirvi una posizione in smart-working o un trasferimento fisico, dovrete necessariamente affacciarvi sul mercato nella nuova location.
  6. Una possibile crisi aziendale: potreste avere informazioni che vi consentano di dedurre che l’azienda in cui lavorate entrerà presto in una situazione di difficoltà. Le conseguenze potrebbero essere varie: da un ambiente meno avvincente e positivo in cui lavorare e situazioni di cassa integrazione e possibili esuberi. In questo caso, affrontando il tema con tatto e riservatezza, avrete un ottimo motivo per presentarvi ad aziende esterne e verificare strade alternative prima che sia troppo tardi. 

 

Vi sono sicuramente molteplici altre motivazioni che potrebbero spingervi a cambiare azienda. 

Il nostro consiglio è di non accettare compromessi e situazioni che non vi appaghino appieno. In media, un lavoratore trascorre 1.363 ore l’anno sul posto di lavoro, e se vi adattate ad una situazione non ottimale che pesa sul vostro benessere psico-fisico nessuno vi restituirà la serenità e l’equilibrio che avrete barattato per evitare di mettervi in gioco.

Il coraggio e la proattività sono sempre premiati oltre le aspettative perché sono le medesime doti che consentono a tutte le aziende di crescere ed affermarsi.